Mamoiada cuore pulsante della Barbagia
Territorio di tradizioni, vigneti, e… Uomini e donne determinati a far conoscere la loro terra
La prima volta che sono andata a Mamoiada, in provincia di Nuoro, era luglio 2015, dopo una giornata intensa di degustazioni per la guida Slow Wine, partiamo in tarda serata da Dorgali per andare ad incontrare alcuni produttori che si erano ritrovati in cantina da Francesco Sedilesu. Arrivammo quasi al tramonto e mi ricordo che mi colpì questa vallata circondata da vette piuttosto alte e massicce (Gennargentu).
“I vigneti erano disposti in modo aggraziato e infondevano riverenza, non so forse era l’inconsapevole età che ostentavano, e le tradizioni naturalmente espresse di queste piante antiche e rigogliose che si mostravano in tutto il loro splendore”.
L’incontro era stato organizzato perché alcuni produttori volevano farci assaggiare i loro vini, cannonau in purezza annata 2014. Stavano infatti pensando di iniziare a imbottigliare queste piccole produzioni, che fino a quel momento erano state vendute sfuse. Avevano bisogno di incoraggiamento e cosa più interessante volevano parlarci dell’idea, diventata realtà di fondare un’associazione che andasse a valorizzare proprio quel patrimonio vitivinicolo sconosciuto al mondo, e a dire la verità poco valorizzato a quei tempi, anche da loro stessi.
In quel primo incontro fu subito chiaro che i vini esprimevano una grande potenza del frutto, comune a tutti i campioni di botte assaggiati, oltre che a una chiara rappresentanza del territorio. Quello che meno convinceva era la forma stilistica di vinificazione, per alcuni casi forse con qualche sbavatura, ma la convinzione era, ed oggi ancora più concreta, che Mamoiada, potesse dare vini di estrema espressione territoriale.
Sono passati sette anni da quel luglio, e ogni anno mi sono assaggiata i vini prodotti, sia per la guida, che a livello personale, volevo capire e vedere le evoluzioni di questo territorio, forse ancora poco conosciuto e con molta strada davanti per riuscire ad essere collocato in un contesto vitivinicolo di prestigio.
Ogni anno però, sono rimasta stupita di come un po’ per volta i vignaioli hanno preso coraggio e dallo sfuso sono passati all’imbottigliato, arrivando a proporre vini che esprimono: territorialità, naturalezza, longevità, e grande carattere.
“In questi anni cosa è successo, e quali grandi cambiamenti sono avvenuti? Mi sono chiesta riflettendo in questi giorni…”
La strada intrapresa è stata quella della consapevolezza dei propri mezzi, Francesco Sedilesu è stato il primo che ha dato un forte impulso, affinché si credesse in questo processo di cambiamento, dove appunto si è preso coraggio nello strutturare le cantine e imbottigliare il vino, creando un marketing e anche una piccola rete commerciale.
A Mamoiada le realtà sono molto piccole, si parlava di 2000 bottiglie per iniziare, e con il tempo, prendendo fiducia in quello che stavano facendo, le produzioni sono aumentate. Secondo me però l’aspetto interessante in questa trasformazione è legato principalmente alla componente sociale. I vigneti erano coltivati dagli anziani, che sono il grande patrimonio storico di questi luoghi, e i giovani erano impegnati a fare carriera o fuori dalla Sardegna o in altri ambiti lavorativi. Si è capito invece che anche una piccola cantina, “vin de garage” se si vuol definire così, può diventare impresa e con necessità ben definite, che non si fermano solo alla parte agro-enologica, ma proseguono nel mettere a punto anche una gestione finanziaria oculata.
Quindi si è preso coscienza che i giovani potessero diventare il motore trainante di questo cambiamento, di questa nuova economia produttiva, andando a fare un lavoro antico, con criteri di sviluppo moderni e attuali. Credo personalmente che questo sia un grande passo per riappropriarsi delle proprie radici, guardando al futuro come piccoli imprenditori, valorizzando la propria comunità e andandosi a creare un lavoro che gratifica la mente e il corpo per diventare parte di qualcosa di importante:
ESSERE I NUOVI VIGNAIOLI IN UN TERRITORIO ANTICO
In tutto questo percorso di cambiamento a partire dal 2015 appunto è stata fondata l’Associazione Culturale Mamojà, che ha lo scopo promuovere, valorizzare e tutelare il proprio territorio salvaguardando gli aspetti ambientali, climatici e paesaggistici. Si propone inoltre di valorizzare gli aspetti culturali legati alla vite e al vino e valorizzare e tutelare il patrimonio gastronomico in abbinamento ai vini.
L’associazione oggi conta circa 70 soci, le cantine familiari che producono per autoconsumo, sono circa 200 su una popolazione di 2.500 abitanti circa. Mentre le cantine che oggi imbottigliano sono 31 per una produzione annuale complessiva che si aggira su 400.000 bottiglie circa.
I vigneti sono posizionati fra i 650 e gli 850 metri sul livello del mare, per un totale di circa 350 ettari. Le varietà coltivate sono per un 95% a cannonau e un 5% a granazza. Questa varietà a bacca bianca autoctona, negli ultimi anni è stata molto valorizzata, facendo così nuovi impianti a lei dedicati. I terreni sono formati principalmente da disfacimento granitico molto fine, sembra quasi sabbia, molto ricco di minerali, inoltre ci sono zone caratterizzate da rocce metamofiche di origine vulcanica.
Nel territorio di Mamoiada si trovano moltissime vigne antiche con età media che varia fra i 50/90 anni, che sono il vero patrimonio indiscusso di questo areale. Sono nati anche nuovi vigneti, per dare continuità produttiva, dove si è tenuto conto molto della posizione andando a piantare vigneti anche in alta quota. La visione di queste produzioni è di una agricoltura sostenibile, in particolar modo per la lavorazione dei terreni che è ancora fatta con i buoi nei vigneti antichi, mentre negli altri impianti si può lavorare con il trattore. La rifinitura dei ceppi in entrambi i casi è ancora fatta a mano con la zappa.
La forma di allevamento è tradizionalmente ad alberello, come in buona parte della Sardegna, per quanto riguarda la varietà cannonau, la resa per ettaro varia in media dai 20 quintali per i vigneti vecchi fino a 60 per le vigne giovani.
L’Associazione Mamojà sta facendo, come già detto, un grande lavoro di sensibilizzazione della stampa di settore per far conoscere i loro progetti e i grandi sforzi imprenditoriali che la comunità sta portando avanti. La pandemia non ha aiutato ma lo scorso 5 giugno sono riuscita a partecipare in presenza alla manifestazione organizzata per la stampa:
Mamoiada Vives 2021 degustazione dei vini di un territorio
Questo progetto è stato patrocinato e finanziato dal Comune di Mamoiada e dai Produttori dell’Associazione Mamojà.
L’incontro si è suddiviso in due parti: il primo momento riguardava la degustazione con un intenso confronto fra i degustatori, giornalisti, ristoratori e produttori che erano in sala; nella seconda parte abbiamo affrontato un argomento che sta molto a cuore a questi vignaioli, ossia la possibilità di istituire una Doc territoriale, che andasse a definire e valorizzare questa micro-area.
Il comunicato stampa dell’Associazione parla chiaro in merito a questo tema, e come ha ribadito il Presidente Francesco Cadinu durante l’incontro:
«L’Associazione Mamojà durante questi anni ha lavorato per far emergere i punti critici di tali denominazioni generaliste, che minimizzano l’importanza del terroir di origine dei vini, e ha indirizzato i suoi soci in modo da preservare e promuovere le peculiarità che rendono unici e riconoscibili i vini di questo territorio. Oggi sono sempre più le persone che sostengono la necessità di riconoscere una DOC Mamoiada»
Le denominazioni che attualmente ricadono sul territorio di Mamoiada sono: la DOC Cannonau di Sardegna, IGT Isola dei Nuraghi (entrambe possono essere utilizzate in tutto il territorio della Sardegna); IGT Barbagia (ricade in 15 comuni della provincia di Nuoro) e IGT provincia di Nuoro (che può essere usata nella provincia di Nuoro, Ogliastra, Cagliari, Oristano). Non è prevista nessuna sottozona territoriale “Mamoiada” perciò in etichetta non può essere riportato in nessun caso il nome del paese o qualsiasi riferimento territoriale. L’unica cosa che al momento, è stata decisa di fare ed è fattibile per legge è quello di inserire il temine GHIRADA in etichetta.
Questo termine identifica la vigna, l’appezzamento che spesso è definito dai muretti a secco o da fossati che la delimitano. Potreste trovare due produttori che utilizzano il nome della stessa Ghirada, ma ovviamente i vini saranno con caratteristiche diverse perché a questo punto l’intervento dell’uomo sarà determinante.
La degustazione si è svolta nel giardino della ProLoco che ha messo a disposizione i propri spazi in modo da tener conto di tutte le restrizioni Covid, e l’assaggio era focalizzato principalmente sull’annata 2019, e alcune prove di vasca della 2020.
In realtà lo scorso anno ci furono inviati a casa più o meno gli stessi campioni per lo più prove di botte, quindi è stato davvero interessante vedere l’evoluzione che il vino ha avuto in questo anno che è rimasto in bottiglia.
I tratti generali di questa degustazione
Quasi tutti i vini hanno acquisito complessità sia aromatica che gustativa andando ad aggiungere eleganza e piacevolezza di beva, aumentando così il punteggio singolo dei vini in modo significativo rispetto alle prove di botte, assaggiate a maggio 2020.
Prima di andare nello specifico, una considerazione generale va fatta, i vini in degustazione hanno espresso in modo rafforzato la loro territorialità e la loro identità, abbiamo trovato un comun denominatore, che parte dall’espressione marcata del frutto scuro, all’arancia sanguinella, erbe aromatiche e macchia mediterranea che si perde in una balsamicità molto presente e rinfrescante che torna preponderante nella retrolfattiva. La terra e le nuance di terziari in formazione, presenti non sono mai troppo sfacciati o predominanti, rendono questi vini eleganti al naso, e ti prospettano un grande invecchiamento. L’alcool lo stanno gestendo molto bene, in vari modi ovviamente, pensando anche a prove di vendemmie più precoci. I vini risultano con acidità e sapidità bilanciate e molto presenti, rendendoli gustosi e pieni, ma sempre con tratti eleganti anche a livello gustativo. Interessante è stato assaggiare alcune prove di botte fatte con aggiunta di grappoli interi e raspi, con percentuali che vanno dal 10 al 50%, vedremo in futuro l’evoluzione.
I miei migliori assaggi con piccole note sulle cantine
CANTINA MUSSENNORE di proprietà della famiglia Fadda, fa il suo esordio con questa prima annata imbottigliata questo giugno.
Mussennore Cannonau di Sardegna DOC 2019 – produzione 2.000 bottiglie: il naso verte molto sul frutto scuro, poi mirto e macchia mediterranea, leggere nuance d’incenso e sentori balsamici. Il sorso è agile e prolungato i tannini giovani e piuttosto presenti devono evolversi. Il vino risulta succoso con finale piuttosto sapido.
CANTINA VIKEVIKE di proprietà di Simone Sedilesu, giovane enologo che da subito ha creduto nelle sue possibilità e in quelle del suo territorio essendo stato fra i primi a imbottigliare. Ha iniziato in uno spazio molto ristretto in centro per poi realizzare la propria cantina con spazi adeguati e funzionali.
Ghirada Fittiloghe Cannonau di Sardegna DOC 2019 – produzione 10.000 bottiglie: il naso si apre su erbe aromatiche e note balsamiche per poi virare sul frutto pieno, esprime eleganza e persistenza olfattiva. Entra diretto e verticale spingendo su una sapidità finale molto prolungata. Vino schietto, essenziale e gustoso, con tannini giovani e croccanti.
CANTINA FRANCESCO CADINU di proprietà della famiglia Cadinu, dove Francesco, Simonetta e il figlio Marco lavorano insieme per ottenere il meglio dalle loro vigne, che ci raccontano la storia di Mamoiada, essendo fra le più antiche che troviamo.
Perdas Longas Cannonau di Sardegna Doc 2019 – produzione 3.600 bottiglie: profumi molto definiti, che si esprimono sul floreale, mirto e macchia, grafite e sentori di chiodi di garofano. Succoso e ampio, con un sorso lungo e sapido. Esprime raffinatezza ed eleganza, e grande espressione territoriale.
Ghirada Elisi Cannonau di Sardegna Doc 2019 – produzione 1.050 bottiglie: anche qui la parte floreale predomina nella prima olfazione, poi verte sul frutto scuro, al sorso risulta profondo e elegante, con finale molto sapido.
CANTINA LADU di Giovanni Ladu, giovane ragazzo appena trentenne che nella vita fa il fabbro. La vigna però ha sempre fatto parte della sua vita. Per varie vicissitudini legate anche a certe politiche degli anni ’90, le vigne del nonno materno furono espiantate. Il padre di Giovanni nel 2008 decide di valorizzare questi terreni che erano ancora di loro proprietà, reimpiantandone una parte. Nel 2015 completano i loro due ettari. La 2019 è il loro primo imbottigliamento.
S’ena Manna Cannonau di Sardegna DOC 2019 – produzione 4.800 bottiglie, 100 magnum: il naso si esprime molto sul frutto, forse non molto complesso ma sicuramente sincero e intrigante, la bocca è succosa rendendo questo vino gustoso. I tannini sono ancora molto giovani risultano un po’ scalpitanti ma mi piace pensarlo in prospettiva.
VIGNAIOLI CADINU di Pino e Giovanni Cadinu, due giovani ragazzi che hanno appena iniziato la loro avventura nella produzione mamoiadina.
Martis Sero Cannonau di Sardegna DOC 2019 – produzione 1.851 bottiglie: questo vino lo avevo assaggiato anche a maggio dello scorso anno, segna la prima vendemmia imbottigliata di questa giovane realtà. Mi aveva convinto nell’assaggio da prova di botte che viene riconfermato dopo un anno. Il colore colpisce per la sua profondità, esprime frutta scura, spezie dolci come la noce moscata, balsamico. Il sorso è ampio profondo e prolungato con finale sapido. Vino che esprime equilibrio e succosità, i tannini giovani e aggraziati.
AZIENDA AGRICOLA TEULARJU è un’azienda a conduzione familiare condotta da Francesco Sedilesu e Rosa Muggittu insieme ai loro figli, Giovanni e Giuseppe con le rispettive mogli Elisabetta e Vincenza. Tutti provengono da esperienze importanti fatte nell’azienda storica azienda Giuseppe Sedilesu. Qui a Teularju la famiglia ha deciso di intraprendere una grande scommessa. Nel 2017 hanno piantato la prima vigna a corpo unico di 8 ettari suddiviso in 4 Ghiradas: Ocruarana, che è il nome sardo di una pietra di origine vulcanica presente nel vigneto. Cara Gonare è la seconda Ghirada che è rivolta verso il Monte Gonare, poi c’è Erula e Rizza. Questi vigneti adagiati su terreni derivanti disfacimento granitico, hanno diverse peculiarità in ogni Ghirada e anche se pur giovani ci hanno offerto un chiaro esempio della potenzialità unita al vitigno cannonau.
N.B. questi due vini li avevo anche assaggiati a maggio 2020 come prova di botte. La sensazione netta è che questo anno di affinamento in bottiglia abbia giovato in modo sostanziale ai vini che già si erano espressi molto. L’anno scorso erano scalpitanti ma di grande spessore.
Ghirada Ocruarana Barbagia Rosso IGT 2019 – produzione 6.000 bottiglie, magnum 350: spettro aromatico ampio che vira sui frutti rossi, arancia e mirto, inchiostro e note balsamiche. Entra con spinta e forza per lasciare una sensazione succulenta al palato, sorso prolungato e molto equilibrato. Tannino giovane e vivace. Mi incuriosisce molto la sua ulteriore evoluzione, che credo possa riservarci davvero delle belle espressioni.
Ghirada Cara’Gonare Barbagia Rosso IGT 2019 – produzione bottiglie 2.600, magnum 24: il frutto è più scuro quasi di mora, con sensazioni più terrose e profonde, anche il colore è più marcato rispetto all’Ocruarana (il confronto è inevitabile). Il sorso è succoso e lungo, nella retrolfattiva arrivano sentori di arancia e erbe aromatiche. Tannino croccante e finale di bocca sapido e prolungato.
VINZAS ARTAS è una nuova società e etichetta che parte da questo anno, ma in realtà uno dei soci lo conosciamo bene, e in questi anni Giorgio Gaia ci ha regalato dei bei vini.
Con il cambiamento di alcuni assetti familiari, Giorgio decide di continuare a produrre con l’amico Pier Carlo Sotgiu, unendo così le loro proprietà e dando un nome alla loro produzione: Vinzas Artas, che significa vigne alte, perché in effetti i loro 5 ettari di vigneto sono posizionati ad una altitudine che varia dai 750 agli 850 metri. Il prossimo anno usciranno con 3 etichette oltre al Nigheddu, che saranno due ghirada: Sa Lahana e Garauele, più una selezione di vigne molto vecchie datate 1920. La produzione media passerà da 3.300 del 2019 a 6.000 circa nella 2020.
Nigheddu Barbagia Rosso IGT 2019 – produzione bottiglie 1.300: “Nero” è il nome di questo vino, che rappresenta un blend di tutti i vigneti dell’azienda. Il frutto è scuro e molto presente, ma lascia subito il posto, alternandosi ai sentori balsamici, di inchiostro e grafite. La bocca è ampia con un sorso succoso e molto profondo, sapido. Tannini eleganti e aggraziati.
CANTINA ANTONIO MELE di proprietà di Antonio e Salvatore Mele, sono stati fra i primi a credere nel progetto di valorizzazione di Mamoiada e i suoi vigneti, iniziando ad imbottigliare nel 2017. La cantina sotto casa è bella e spaziosa. Oggi l’azienda conta 5,5 ettari di vigneto a cannonau e da questo anno 1,5 impiantato a granazza. In questi anni ho assaggiato sempre le produzioni di Antonio, devo dire che questo Vinera Rosso finalmente mi convince davvero molto!
Vinera Cannonau di Sardegna DOC 2019 – produzione 4.000 bottiglie: già nell’assaggio di maggio 2020 mi aveva convinto, bel frutto scuro, note balsamiche e di inchiostro. Buona l’acidità e il sorso era dinamico con tannini che si prospettavano ottimi in evoluzione. Il vino è stato imbottigliato a gennaio 2021 e il recente assaggio ha confermato tutto, definendolo maggiormente sull’eleganza.
CANTINA SANNAS di Piergraziano Sanna. Questo vignaiolo è forse l’unico non mamoiadino per nascita, Pierfrancesco si è trasferito in paese qualche anno fa, e mi piace definirlo: “il Vignaiolo che non lo è per nascita ma per vocazione”. Il suo percorso a volte non è molto comprensibile, e so per certo che non mi perdonerà mai il fatto che non mi sono espressa (al tempo) sulla sua prima creatura che era il Bobotti 2016, ma devo dire che a volte i suoi vini spiazzano, vanno ascoltati e capiti nel tempo. Ci vuole molta sensibilità, ma se riesci ad entrare nel primo spiraglio che il bicchiere ti offre, entri in un mondo caleidoscopico infinito. I nuovi vigneti che sono stati piantati un paio di anni fa sono in alta quota e meritano una visita.
Bobotti Cannonau di Sardegna DOC 2019 – produzione bottiglie 3.300: il naso è molto definito, il frutto che esplode per poi virare su toni speziati, macchia e erbe aromatiche, complesso e ampio. In bocca esprime eleganza, freschezza e profondità di beva. Questo vino riassume l’esperienza di Piergraziano che si evolve di vendemmia in vendemmia. Riassaggiando il 2016 sulla piazza davanti all’Enoteca la Rossa, con i miei colleghi di ritorno dal giro in vigna, posso solo dire che questo vino ha grande longevità, e grande espressione di carattere. P.S. piano piano mi farò perdonare dal Bobotti 2016 😉
CANTINA GIUSEPPE SEDILESU è la cantina storica per eccellenza, che ha fatto conoscere Mamojada nel mondo. Questa realtà nasce negli anni ’50 ma inizia l’attività di imbottigliatori negli anni 2000. Oggi produce circa 100.000 bottiglie e la conduzione è affidata a Salvatore Sedilesu che collabora con tutti i suoi fratelli.
Mamuthone Cannonau di Sardegna DOC 2019 – produzione bottiglie 65.000: naso molto espressivo, frutto e nuance di note terziarie che si evolveranno nel tempo. Balsamico e fresco, in bocca risulta elegante con un sorso prolungato. Vino da grande invecchiamento.
Gràssia Cannonau di Sardegna DOC Riserva 2017: profumi terziari dolci, poi frutto e freschezza, piacevole al sorso con tannini un po’ serrati, necessità di maggiore affinamento.
Carnevale Cannonau di Sardegna DOC Riserva 2017 – produzione bottiglie 7.500: olfatto complesso con sentori di frutta scura, vira poi su sentori terziari di inchiostro, china, rabarbaro e note di macchia mediterranea. Il sorso è ricco e ampio, con profondità ed eleganza.
Concludendo questo viaggio quello che mi rimane maggiormente è l’aspettativa non delusa, riguardo all’emozione provata andando in giro per i vigneti rispetto a sette anni fa, anzi direi che si è riconfermata tale.
Una consapevolezza però mi ha molto confortato: l’energia, la forza e la determinazione che si respira qui a Mamoiada sono tangibili e sono nell’aria e che tornarci di tanto in tanto non può altro che fare bene allo spirito!
Ringrazio per l’accoglienza:
- Il Comune e la ProLoco di Mamoiada
- L’associazione Mamojà e tutti i produttori che ne fanno parte
- L’Enoteca la Rossa e il Ristorante Su Tapiu
- B&B Domus Deiana
Info: CS Associazione Mamojà
Crediti fotografici: Associazione Mamojà